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Visualizzazione dei post da marzo, 2018

Inferno e paradiso

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Immagine di "icheinfach" da Pixabay Un boato irruppe nell’aria, impregnandola per un attimo di ioni, e una carica elettrostatica si diffuse rapidamente, scemando in pochi istanti. Dan sbuffò e sollevò il bavero del soprabito di pelle, che la faceva sembrare un’ombra in quel che restava della via principale della città. I capelli corvini le sfioravano le spalle, ricadendo davanti il viso, coprendolo per una buona metà, lasciando in mostra solo il lato destro. La pelle chiara creava un contrasto evidente nella figura che avanzava con passo sicuro e senza alcuna fretta, incurante di calpestare i resti della distruzione ancora sparsi in giro, con una leggerezza che la rendeva silenziosa come un gatto. Sembrava non accorgersi neppure dei calcinacci e i rottami metallici, con lo sguardo freddo e tagliente puntato dritto avanti a sé, il cui colore richiamava il cielo nelle sue giornate migliori: un grigio glaciale. Non era quello il caso, dato che sopra la sua testa svetta

La solitudine dell'uno

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Foto di  Engin_Akyurt Aveva sempre detestato i cambiamenti , persino le sorprese tendevano a irritarlo ed era così da quando aveva diciassette anni. La prima brutta sorpresa fu beccare il suo migliore amico a farsi la sua ragazza. Il primo cambiamento: scoprire che il suo migliore amico si scopava la sua ragazza sentendone i pensieri. Uno schifo. L'acido gli aveva graffiato la gola, seguito dal senso di nausea nell'apprendere di essere considerato un coglione, a cui era divertente farla sotto il naso per gioco, niente di più. Quei pensieri gli rimbombarono nella testa per ore, insieme a mille altri non suoi, che erano rimasti imbrigliati in una rete intessuta di rabbia e apatia. Non capiva, non a quel tempo almeno. Il pomeriggio, invece di dedicarsi alla traduzione di latino, che Marco gli avrebbe chiesto di copiare la mattina seguente come d'abitudine, li raggiunse sull'argine e restò a fissarli fino a quando non si accorsero di lui. Non una parola,

Atto d'amore

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Immagine di "jplenio" da Pixabay Lo stridio delle gomme, un rumore secco e un frastuono assordante. L’airbag che le esplose davanti alla faccia era l’unica cosa che riusciva a ricordare chiaramente, la prima ad aver assalito la sua memoria non appena riprese i sensi in ospedale. Con gli occhi aveva scrutato la stanza, confusa, senza riuscire a capire dove si trovasse, scorrendo i fili che dal braccio risalivano fino alle flebo. Non poteva parlare, la gola le bruciava e le occorse qualche istante per realizzare di avere un tubo nell’esofago, che le consentiva di respirare. Eva era sola, non riusciva a muoversi, ma sapeva che aveva avuto un incidente. Il pensiero corse subito a Moreno, il suo compagno, che si trovava alla guida dell’auto. Lottò con se stessa, iniziando ad agitarsi nel letto: doveva sapere come stava. Non le importava di stare male, la paura che mordeva feroce  era tutta per lui, inspiegabile forse, tuttavia doveva sincerarsi che stesse bene. La porta