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Visualizzazione dei post da febbraio, 2018

Aria di tempesta

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Immagine di kellepics su Pixabay Lo sciabordio delle onde cullava i suoi pensieri, mentre con un pennarello scarabocchiava il foglio color crema, tracciando segni marroni senza badare al soggetto. Il vento sollevava la sabbia in nubi di polvere , che sembravano cercare disperatamente di raggiungere il cielo fumoso , fuori dalla finestra del soggiorno. Un giorno grigio di metà ottobre, quando ormai i falsi amici di quell’estate avevano fatto ritorno in città e alle loro vite. Cristina, invece, era rimasta nella sua casa, sola, nella nostalgica atmosfera che abbraccia quei luoghi con l’approssimarsi dell’autunno, quando la magia del mare d’inverno riusciva a toccare pochi cuori: il suo lo aveva letteralmente rapito. Il telefono squillò facendola sobbalzare, riportandola alla realtà in modo brusco e indesiderato. «Ciao tesoro,» esordì una voce affabile segnata dall’età «ti disturbo?» «No, nonna, tranquilla. Avevi bisogno di qualcosa?» Sua nonna era forse l’unica persona co

L'attesa

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Foto di Free-Photos da Pixabay " L'attesa del piacere è essa stessa piacere " mi ripetevo sovente davanti allo specchio, sistemando la lunga treccia bionda; un formicolio mi risaliva la schiena, freddo e infido, ma lo scacciavo con due gocce di profumo al gelsomino sul collo, a completare il mio rito scaramantico mattutino. «Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?» cantileno stanca fissando la calce del pavimento. Una risata isterica riecheggia tra i muri spogli e umidi della cantina, ormai non riconosco più neppure la mia voce. Per me il piacere doveva essere l'amore e la sua attesa era una tortura, poi finalmente arrivò e mi fece sentire bellissima, desiderata: una regina. I miei sorrisi e i miei sogni si spensero presto tra le sue mani, tra le sue di brame, che mi restituirono come reame un inferno e di me, oggi, resta solo un accozzaglia di pezzi di cuore sparsi, credo che anche della mia anima restino solo frammenti, scheg

Il Custode

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Il giorno volgeva al termine, il crepuscolo vedeva finalmente la fine degli scontri sulla piana ai piedi del monte sacro e Khaen risaliva il pendio ormai solo. Avevano fermato l’avanzata degli uomini dell’ovest a caro prezzo, ma non importava: tutto ciò che contava era aver protetto il loro tesoro. A quello miravano, ignari che fosse qualcosa che non poteva essere rubato, ma solo profanato e distrutto. Non lo avrebbe mai permesso, aveva prestato fede al suo giuramento e ora si trascinava lungo il pendio a fatica, la spada affondava nel terreno umido sorreggendolo, perché voleva vederlo un’ultima volta. Sollevò lo sguardo, il viso coperto di terra e sangue, quello dei nemici e il proprio, l’occhio destro era gonfio e la palpebra quasi completamente chiusa, con una profonda ferita sulla tempia che non smetteva di sanguinare, tingendo di rosso le rocce sempre più vicine. La morte lo aveva sempre accompagnato e la sentì camminare al suo fianco anche in quell’ultimo viaggio. Sorrise pen

Amici

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L’ aroma intenso del caffè mi sveglia, accompagnato dal fastidioso ticchettio della sveglia: odio gli orologi analogici e il loro rumore. La mano scivola sulle lenzuola di raso , trovando solo il vuoto accanto a me. Un gesto stupido in effetti, ma del tutto automatico. «Bella addormentata, pensi di alzarti?» Sobbalzo al sopraggiungere di quella voce maschile, ironica e suadente al tempo stesso, scattando a sedere sul letto. Lascio scorrere lo sguardo nella stanza vuota e l’angoscia mi assale: i ricordi sono fantasmi spietati. Un brivido mi scuote quando i piedi toccano il pavimento, freddo come il ghiaccio , o come la morte che flebile aleggia intorno a me. Mi trascino ciondolante in cucina chiedendomi perché continuo a indossare questa maledetta camicia cremisi ogni sabato, nemmeno potesse cambiare la realtà. Non è stata una buona idea comprare una macchinetta che prepara il caffè all’ora impostata, credevo mi avrebbe fatto sentire meglio, invece è solo una tortura, l’illu

Il sogno

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Camminava lungo il sentiero, inoltrandosi nel bosco, e la pallida luce della luna diventava più flebile a ogni passo. Il cuore le martellava nel petto, restituendole una sensazione dapprima fastidiosa, poi dolorosa: paura. La conosceva bene quella compagna infingarda , sempre in agguato e pronta a mordere feroce nei momenti meno opportuni. Il grido acuto e stridulo di una civetta squarciò il silenzio irreale in cui era immersa, strappandole un verso trattenuto a stento, mentre sobbalzò guardandosi attorno smarrita. «È un sogno, è soltanto un sogno.» mormorò. Abbassò lo sguardo verso le mani: erano normali, erano le sue, con le unghie mangiucchiate e lo smalto viola sbeccato, e la rosa nera tatuata su polso, il cui ricamo tribale scendeva fino a lambirle le nocche. Quando un sogno la inquietava, cercava di guardarsi le mani per prenderne il controllo, per trasformarlo in un sogno lucido, affinché divenisse solo un’avventura partorita dalla sua mente, che non potesse farle male

Magia e Speranza

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Il suo riflesso nello stagno disegnava una sagoma scura, che contrastava con quella argentea della luna, come una vecchia foto in bianco e nero , dove le nuvole erano pennellate leggere atte a spezzare la monotonia della scena. Lo scorrere del tempo era un incastro imperfetto di ingranaggi, ruote che avevano sbagliato il ritmo, aprendo così una finestra attraverso la quale poteva guardare la propria vita, accompagnata dal gracidare placido delle rane. Tese la mano verso l’acqua: le dita tremavano al ricordo di ciò che era passato e che non avrebbe più potuto avere. Sfiorò lo specchio immoto, cercando di sentire il calore del suo amore, mentre le lacrime le rigavano il viso ancora privo di rughe, seppur avesse superato il fiore degli anni, su cui erano incastonate due pietre di giada brillanti in occhi felini velati di malinconia, incorniciato da una cascata di ricci corvini. «Un bacio in cambio di ogni tuo affanno .» le sussurrò una voce profonda e calda. Non si mosse, non

Nella tela del ragno

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Il giorno sembra scivolare via veloce, mentre il cielo abbandona i colori caldi del tramonto per concedersi alla notte . Senza fretta sfilo lungo il viale ancora affollato, osservando gli sguardi di stupore dei bambini davanti a bancarelle zeppe di dolciumi e calze già confezionate, con la Befana a cavallo della sua scopa. Una brezza gelida mi colpisce, simile a uno schiaffo in pieno viso, ricordandomi che avrei dovuto mettere una sciarpa e, magari, vestirmi con qualcosa di più pesante, invece di farmi trascinare in centro da Luca. Erano anni che non ci sentivamo nemmeno più e si è presentato davanti alla mia porta con naturalezza e una sfrontatezza irritante, eppure, quegli occhi sono esattamente come li ricordavo. D’improvviso mi ritrovo con in testa un cappello a punta, non richiesto, non voluto. Mi volto con uno scatto stizzito e Luca mi fissa sogghignando, scuotendo un piccolo barattolo di vetro ambrato, scuro, con un liquido denso che si agita al suo interno. «Eccolo

La bontà del Caos

Ricordo quand’ero bambina e questo periodo era il più bello dell’anno, il più magico, con le vacanze invernali e la famiglia. Ricordi di un’altra vita, un’altra me. L’acqua che ribolle sul fuoco , le luci di mille colori degli addobbi, la paglia sul presepe aspettando di sistemare il bambinello come premio, le bollicine dello spumante, lo zucchero a velo sul pandoro che si stende come neve candida, accompagnato dalla melodia dei canti di Natale e il chiacchiericcio di sottofondo. Ricordi che si spengono lentamente e rimane solo l' aroma amaro della morte. «A cosa stai pensando?» Una voce limpida e cristallina mi strappa dai pensieri, lasciandomi specchiare in un paio d’occhi scarlatti, il cui luccichio è simile al richiamo di una luce nel buio e io, io sono soltanto una falena… una piccola e stupida falena che la continua a inseguire. «Al passato.» sospiro rassegnata. «Ti ci perdi sempre, ogni anno.» Mi abbraccia dolcemente e inspiro il suo profumo, unico,

Il prezzo del Cielo

Un cielo plumbeo riflette il grigio dell'asfalto, mentre la strada serpeggia nel ventre della città, dilaniata dagli uomini che la calpestano incuranti. Sul volto di alcuni passanti posso leggere il disappunto causato dal vento freddo, pungente, che li sferza impetuoso. Io sono solo un fruscio tra loro, un essere che aleggia furtivo osservandoli, disprezzandoli, in cerca della sua preda. Fiuto le emozioni, le più dolci sono intrise di orrore, dolore, alcune piacevolmente oscene da solleticare la mia attenzione. Eppure è un'altro il profumo inebriante che mi guida verso il parco, tra alberi spogli e rami secchi, il cui contorcersi e agitarsi rievoca immagini di anime torturate. Coraggiose mamme che per due chiacchiere conducono i loro bambini in uno spazio di illusoria sicurezza, piccole creature ancora innocenti che per salutarsi si scambiano un pudico bacio. Solo io l'ho colto con un brivido d'eccitazione, al pensiero di quando cresceranno e l'innocenza s

Ricordi

Cosa ricordo di quella sera? Il cielo terso di una notte di Dicembre, nessuna nuvola, nessuna luna, solo una moltitudine infinita di stelle che sfavillavano come diamanti su una seta nera. Il gelo pungente mi spinse a infilarmi nel pub di Roberto. Erano mesi che non uscivo se non per andare al lavoro, mesi che non mi facevo vedere per non dover dare spiegazioni, tuttavia quella sera avevo indossato la gonna lunga nera e un paio di anfibi, non me ne fregava nulla, non cambiai neppure la camicia del lavoro, in fondo era in tinta: tutto il mio guardaroba lo era e non correvo il rischio di sbagliare abbinamento. Era pieno come ogni weekend, per cui mi bastò una rapida occhiata per decidere di fermarmi al bancone. «Ehi Dee, quanto tempo!» La voce calda e armoniosa dell'uomo dietro al bancone mi accolse prontamente, rammentandomi come tutti mi chiamassero così fuori dall'ufficio. Due vite, due nomi, due donne: io. «Ciao Roby.» lo ricambiai con un sorriso. Lo studiai un